Anima nera

Sulla pagina culturale del quotidiano Domani il giornalista Giorgio Meletti solleva il velo su una vicenda pisana che finora aveva ricevuto solo una modesta attenzione anche a livello locale: l’incredibile caso della mancata revoca della titolazione di via D’Achiardi.

Tutto comincia nel settembre 2018 quando l’Università di Pisa, nell’ottantesimo anniversario delle leggi razziste, invita a Pisa tutti gli atenei italiani per una “cerimonia delle scuse”, un simbolico atto di riparazione per queste infami leggi, che diedero il via in Italia a quel processo di discriminazione e disumanizzazione dei cittadini di discendenza ebraica culminato in seguito nell’Olocausto.

A latere di questo incontro qualcuno osservò che a Pisa c’era ancora una via titolata a Giovanni D’Achiardi, il Rettore dell’Università di Pisa che nel ’38, cacciando da un giorno all’altro 20 docenti dell’ateneo, fu l’esecutore delle leggi razziste. Ciò indusse gli organizzatori a chiedere al Sindaco di Pisa (peraltro assente alla cerimonia) un atto dal forte valore simbolico: revocare la titolazione di via D’Achiardi dedicandola invece a Raffaele Menasci, docente pisano espulso da D’Achiardi e sterminato a Auschwitz.

Questa richiesta, è stata per due volte proposta al consiglio comunale di Pisa, ed entrambe le volte è stata incredibilmente bocciata dal centro-destra: la prima volta il 16 novembre 2021, ma l’esito non è cambiato 6 dicembre 2022, nonostante questa seconda volta la mozione fosse supportata dall’autorevole parere di una commissione di esperti dei tre atenei pisani (oltre che da un cospicuo numero di firme).

In particolare nella seduta del 6 dicembre è andato in scena lo psicodramma del centro-destra, incapace di dire un sì o un no chiaro: la maggioranza Lega-FdI si barcamenava tra battute becere, benaltrismo a buon mercato e ragionamenti tanto arditi quanto astrusi, arrivando perfino a bollare la mozione come manovra pre-elettorale (!) o irridendola come iniziativa radical-chic. Così il consiglio comunale ha discusso a vuoto per due ore finendo per bocciare la mozione col pretesto di ritenere necessario un ulteriore approfondimento, al fine di conoscere i motivi che avevano portato, negli anni ’60, alla controversa titolazione, e chiedendo al comitato scientifico delle tre università di contribuire a questo supplemento d’indagine.

Ovviamente il comitato degli esperti ha declinato l’invito, e con ottime ragioni dato che il precedente rapporto scientifico a supporto della mozione era stato sostanzialmente ignorato, quando non fatto bersaglio di scherno e disprezzo da parte di una destra incapace di affrancarsi dalla propria anima nera.

A ben guardare, gli ingredienti alla base della mancata revoca della titolazione di via D’Achiardi sono gli stessi che hanno generato la crociata anti-moschea: lo sciovinismo che si annida nella destra, la mediocrità della componente moderata della maggioranza e il convincimento (reso esplicito o meno) che sia accettabile considerare coloro che appartengono a “minoranze culturali” alla stregua di figli di un dio minore.

Post Scriptum: alla fine la maggioranza di centro destra è stata costretta a fare retromarcia, manovra che il sindaco Michele Conti ha fatto con la nonchalance del politico navigato.